MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO PER LA XXXIII GIORNATA MONDIALE DEL MALATO 2025
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DAL MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
PER LA XXXIII GIORNATA MONDIALE DEL MALATO 2025
«La speranza non delude» (Rm 5,5) e ci rende forti nella tribolazione
Cari fratelli e sorelle,
la Chiesa ci invita a farci “pellegrini di speranza”, accompagnati dalla Parola di Dio
che, con San Paolo, ci dona un messaggio di grande incoraggiamento: «La speranza
non delude» (Rm 5,5), anzi, ci rende forti nella tribolazione. Espressione consolante,
che però suscita, specialmente in chi soffre, alcune domande: come rimanere forti,
quando siamo toccati nella carne da malattie gravi, invalidanti, che magari richiedono
cure i cui costi sono al di là delle nostre possibilità? Come farlo quando, oltre alla
nostra sofferenza, vediamo quella di chi ci vuole bene e, pur standoci vicino, si sente
impotente ad aiutarci? Ci serve l’aiuto di Dio, della sua grazia, della sua Provvidenza,
di quella forza che è dono del suo Spirito (cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, 1808).
Fermiamoci allora un momento a riflettere sulla presenza di Dio vicino a chi soffre,
in particolare sotto tre aspetti che la caratterizzano: L’INCONTRO, IL DONO E LA CONDIVISIONE.
1. L’incontro. Gesù chiede di aiutare a cogliere anche nell’infermità, per quanto
dolorosa e difficile da comprendere, un’opportunità d’incontro con il Signore. Nel
tempo della malattia, se da una parte sentiamo tutta la nostra fragilità di creature
– fisica, psicologica e spirituale –, dall’altra facciamo esperienza della vicinanza e
della compassione di Dio: in Gesù ha condiviso le nostre sofferenze. La malattia
diventa l’occasione di un incontro che ci cambia, la scoperta di una roccia incrollabile
a cui scopriamo di poterci ancorare.
2. Il secondo: il dono. Mai come nella sofferenza, ci si rende conto che ogni
speranza viene dal Signore, e che quindi è prima di tutto un dono da accogliere e
da coltivare. Solo nella risurrezione di Cristo ogni nostro destino trova il suo posto
nell’orizzonte infinito dell’eternità. Il Risorto cammina con noi, facendosi nostro
compagno di viaggio. Con Lui possiamo condividere il nostro smarrimento, le nostre
preoccupazioni e le nostre delusioni, possiamo ascoltare la sua Parola e riconoscerlo
presente nello spezzare del Pane, cogliendo nel suo stare con noi, pur nei limiti del
presente, quell’“oltre” che facendosi vicino ci ridona coraggio e fiducia.
3. Il terzo: la condivisione. I luoghi in cui si soffre sono spesso luoghi di condivisione,
in cui ci si arricchisce a vicenda: al capezzale del malato, si impara a
sperare! …stando vicino a chi soffre, si impara a credere! …chinandosi su chi è nel
bisogno, si scopre l’amore! Possiamo essere “angeli” di speranza, messaggeri di
Dio, gli uni per gli altri, tutti insieme: malati, medici, infermieri, familiari, amici,
sacerdoti, religiosi e religiose; là dove siamo: nelle famiglie, negli ambulatori, nelle
case di cura, negli ospedali e nelle cliniche.
Cari malati, cari fratelli e sorelle che prestate la vostra assistenza ai sofferenti, in
questo Giubileo avete più che mai un ruolo speciale. Il vostro camminare insieme è
un segno per tutti, «un inno alla dignità umana, un canto di speranza» (Spes non
confundit, 11), incoraggiando nella carità «la coralità della società intera». Tutta la
Chiesa vi ringrazia per questo! Anch’io lo faccio e prego per voi affidandovi a Maria,
Salute degli infermi, con le parole con cui tanti fratelli e sorelle si sono rivolti a Lei
nel bisogno: SOTTO LA TUA PROTEZIONE CERCHIAMO RIFUGIO, SANTA MADRE DI DIO.
NON DISPREZZARE LE SUPPLICHE DI NOI CHE SIAMO NELLA PROVA,
E LIBERACI DA OGNI PERICOLO, O VERGINE GLORIOSA E BENEDETTA.